MILTONIOPSIS
by
Gianantonio Torelli,
M.D.
ATTENZIONE :
ho pubblicato anche un altro,
più recente ed aggiornato articolo sulle MILTONIOPSIS
Introduzione
Fra le orchidee che con più facilità si possono acquistare dai fioristi o nei garden center dobbiamo annoverare le Miltoniopsis, che spesso i fioristi chiamano "orchidee pansè", poiché vagamente i loro fiori ricordano quelli delle viole del pensiero. Si tratta di orchidee davvero spettacolari quando sono in fiore; eppure non incontrano il favore degli orchidofili italiani.
"Hanno fiori troppo grandi e vistosi" - dice qualcuno.
"Sono difficili da coltivare" - dice (forse più giustamente) qualche altro.
Ritengo però che questa diffidenza verso le Miltoniopsis
sia del tutto ingiustificata, ma ciò purtroppo priva gli
orchidofili del piacere di godere di questi bellissimi fiori. Aggiungo
un’altra considerazione: in commercio troviamo quasi solo ibridi di Miltoniopsis
e questo, in un periodo in cui tra gli orchidofili italiani è diventato
di moda coltivare le specie (dico ciò senza entrare assolutamente nel
merito della querelle tra i sostenitori delle specie ed i sostenitori
degli ibridi), crea un ulteriore ostacolo alla diffusione di questo
genere. Di solito queste piante sono commercializzate come fiore
d’appartamento, un po’ come le rose di Natale, finendo di solito in
mani inesperte; il loro destino è perciò quasi sempre tristemente
segnato. Poco male, si dirà: tanto gli olandesi ne producono a milioni….
Invece le Miltoniopsis sono tra i fiori più belli
che possiamo coltivare. Lo dimostra il grandissimo favore che
incontrano laddove l’orchidofilia è molto più radicata che da noi, come
in Inghilterra o negli USA. Basta sfogliare un numero della rivista
inglese The Orchid Review per imbattersi in qualche
foto di Miltoniopsis. L’eccezionale Eric Young
Foundation ha prodotto un incredibile numero di affascinanti ibridi in
questo genere; Alan Moon e collaboratori hanno sfruttato come genitori
soprattutto esemplari tetraploidi, cioè con numero doppio di cromosomi
rispetto al normale, spesso ricorrendo all’uso della colchicina
(estratta dal colchico autunnale) per raddoppiarne il patrimonio
genetico. In questo modo hanno ottenuto ibridi dotati di una grandezza,
bellezza e saturazione di colori nettamente superiore al normale. Non
c’é mostra od esposizione in Inghilterra che non veda premiato qualche
ibrido di Miltoniopsis, spesso frutto proprio
dell’opera d’ibridazione della Eric Young Foundation. Se scorriamo la
Sanders list degli ibridi, o, più comodamente, l’equivalente CD-ROM,
restiamo sorpresi dall’enorme numero di ibridi prodotti in questo
genere, a conferma del grande favore che questo genere incontra nel
mondo.
Miltonia Red Woodham, un ibrido partito da molto lontano
Tempo fa, a casa di una nostra amica orchidofila di Borgo Valsugana (Bianca Pezzatti , sul cui "pollice verde" ci si può scommettere...) è fiorito uno splendido esemplare di Miltoniopsis, la Miltonia Red Woodham.
Era così bello che ho deciso di andare a vedere sul RHS CD-ROM la sua genealogia. Sono rimasto colpito scoprendo che questo ibrido è il risultato di tantissimi incroci, partiti addirittura dal lontano 1856, anno in cui si ebbe la creazione di Miltonia Princess Margaret, Miltonia Lord Lambourne e Miltonia Reine Elisabeth, che sono stati i suoi primi progenitori. Dopo tantissimi incroci e reincroci, in cui è stata più volte usata la Miltonia vexillaria, si è arrivati ad ottenere la Miltonia Red Woodham, dal colore rosso porpora scuro, registrata nel 1981 da McLellan.
Come si fa’ a non apprezzare un così grande lavoro d’ibridazione?
Ricordo qui che i primi ibridi primari nel genere Miltoniopsis sono stati Miltonia Bleuana (Miltoniopsis vexillaria x Miltoniopsis roezlii) nel 1899 e Miltonia Venus (Miltonia phalaenopsis x Miltonia vexillaria) nel 1917. Solamente molti anni dopo, nel 1991, è stato registrato Miltonia Carl Withner ( Miltonia roezlii x Miltonia phalaenopsis) il terzo ibrido primario.
Ed ora un po’ di storia
Il
genere Miltoniopsis fu stabilito nel 1889 da
Godefroy-Lebeuf nella rivista Orchidophile, ma non
fu subito accettato da tutti. Anzi per tanti, tantissimi anni queste
specie restarono relegate nel più vasto genere Miltonia.
Solo nel 1976 Garay e Dunsterville resuscitarono il genere Miltoniopsis
secondo il concetto di Godefroy-Lebeuf. Questo concetto è ora
universalmente accettato, anche se tuttora l’RHS, incredibilmente, ai
fini della registrazione degli ibridi non considera ancora valido il
nome Miltoniopsis. Per loro si tratta sempre di Miltonia....
Ma chi ha avuto occasione di vedere le vere Miltonia -
quelle brasiliane, intendo - può certamente confermare che tra queste e
le Miltoniopsis le differenze sono enormi. I due
generi possono facilmente essere differenziati tra loro già a prima
vista. Le foglie sono di struttura, colore e consistenza diversa;
inoltre l’apice dello pseudobulbo presenta due foglie nelle Miltonia
ed una sola foglia nelle Miltoniopsis. Anche gli
pseudobulbi sono diversi; molto appressati nelle Miltoniopsis,
separati invece da un lungo rizoma nelle Miltonia.
Quindi ritengo corretto parlare di Miltoniopsis per
le specie andine (con una sola eccezione che cresce in Costarica) e di Miltonia
per le specie brasiliane.
I problemi che si incontrano nella coltivazione delle Miltoniopsis derivano proprio dalla loro origine andina, poiché Ande significa altura e... fresco! Ma se questo può valere per le specie, altrettanto non può dirsi per gli ibridi, che dal 1856 in poi hanno perso per strada queste caratteristiche, adattandosi all'ambiente in cui viviamo. Oggi coltivare le Miltoniopsis è facile come coltivare qualsiasi altra pianta d’appartamento, a patto di osservare le poche precauzioni che vedremo più avanti.
Iniziamo a parlare delle… specie
Per
capire gli ibridi che troviamo in commercio, dobbiamo per prima cosa
conoscere le specie da cui esse derivano. Come detto prima, le Miltoniopsis
crescono per lo più sulle Ande, ad elevate altitudini. Il
genere Miltoniopsis appartiene alla tribù Maxillarieae,
sottotribù Oncidiinae e comprende sei
specie. Quelle che rivestono più importanza per noi, perché da esse
derivano quasi tutti gli ibridi attuali, sono Miltoniopsis
vexillaria, Miltoniopsis phalaenopsis e Miltoniopsis
roezlii; meno importanti sono Miltoniopsis bismarkii,
descritta nel 1989, Miltoniopsis santanaei e Miltoniopsis
warscewiczii, che cresce in Costarica e Panama. Esaminiamo
ora brevemente le sei specie che costituiscono il genere Miltoniopsis.
Le Tabelle climatologiche sono tratte, con qualche modifica, dalle
equivalenti tabelle pubblicate da Charles
& Margaret Baker ( AOS Bullettin,
september 1993, 901-908)
Miltoniopsis bismarkii Dodson & Bennet
Si
tratta di una Miltoniopsis descritta recentemente,
nel 1989, da Dodson e Bennet, dopo che era stata scoperta quattro anni
prima da Klaus von Bismarck in Peru, nel dipartimento di Huanuco, in
umide foreste della Cordillera Azul, a 1000 metri d’altitudine.
Si tratta di una pianta alta 18-20 cm, con le foglie tipiche delle Miltoniopsis,
di colore verde chiaro. Il nuovo getto di solito produce due
inflorescenze, ed ognuna porta 4-6 fiori, larghi 4 cm, con sepali rosa
pallido, petali rosa scuro e labello rosa-porpora. Il labello ha un
callo giallo con macchie ocra.
Stazione di riferimento: Tingo Maria, Peru [ temperature calcolate per 1000 metri di altitudine ]
gen |
feb |
mar |
apr |
mag |
giu |
lug |
ago |
set |
ott |
nov |
dic |
|
pioggia/mm |
147 |
208 |
203 |
404 |
632 |
305 |
404 |
417 |
579 |
216 |
221 |
114 |
umidità % |
60 |
68 |
68 |
70 |
73 |
77 |
78 |
78 |
76 |
75 |
68 |
60 |
giorni sereni alle 7 |
2 |
3 |
3 |
1 |
1 |
1 |
0 |
0 |
0 |
1 |
1 |
1 |
giorni sereni alle 14 |
15 |
12 |
9 |
5 |
4 |
4 |
4 |
1 |
4 |
2 |
7 |
12 |
temp. massima |
28 |
29 |
29 |
28 |
28 |
28 |
28 |
27 |
28 |
28 |
28 |
28 |
temp. minima |
15 |
15 |
16 |
16 |
16 |
17 |
17 |
17 |
17 |
17 |
16 |
15 |
escurs. termica |
13 |
14 |
13 |
12 |
12 |
11 |
11 |
10 |
11 |
11 |
12 |
13 |
fioritura |
* |
* |
* |
Miltoniopsis phalaenopsis (Linden & Rchb. f.) Garay & Dunsterville
Pianta
originaria della Colombia, ove cresce in umide foreste tra 1200 e 1500
metri d’altitudine. Descritta da Linden e Reichenbach nel 1854 come Odontoglossum
phalaenopsis, fu trasferita nel genere Miltonia
da Nicholson nel 1886 ed infine nel genere Miltoniopsis
da Garay e Dunsterville nel 1976.
Si tratta di un pianta epifita alta da 15 a 30 cm, con foglie tipiche
del genere Miltoniopsis, verde chiaro e
pseudobulbo ovoidale, compresso. L’inflorescenza si distingue in quanto
è più corta delle foglie, carattere che si riscontra anche nei suoi
ibridi. L’inflorescenza porta 3-5 fiori, larghi sino a 7 cm,
completamente bianchi, ad eccezione del labello che si presenta
ampiamente soffuso di porpora. E’ usata meno di Miltoniopsis
vexillaria e Miltoniopsis roezlii
nell’ibridazione a causa dell’inflorescenza corta e dei fiori
abbastanza piccoli; però trasmette ai suoi ibridi la bella maschera
porpora del labello ed anche l’effetto "waterfall" e "tear drop"
(effetto "cascata" e "lacrime"), tipico di molti ibridi moderni.
Stazione di riferimento: Palonegro, Colombia
Temperature calcolate per 1300 metri d’altitudine
gen |
feb |
mar |
apr |
mag |
giu |
lug |
ago |
set |
ott |
nov |
dic |
|
pioggia/mm
|
20 |
38 |
41 |
91 |
76 |
46 |
56 |
61 |
64 |
66 |
94 |
28 |
umidità %
|
73 |
72 |
75 |
81 |
82 |
84 |
81 |
82 |
79 |
80 |
80 |
76 |
giorni sereni alle 7
|
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
1 |
1 |
0 |
0 |
0 |
0 |
1 |
giorni sereni alle 14
|
2 |
3 |
0 |
0 |
0 |
1 |
1 |
0 |
1 |
0 |
0 |
1 |
temp. massima
|
23 |
24 |
24 |
23 |
24 |
24 |
24 |
25 |
24 |
23 |
23 |
23 |
temp. minima
|
18 |
18 |
18 |
18 |
18 |
18 |
18 |
18 |
17 |
17 |
17 |
17 |
escurs. termica
|
5 |
6 |
6 |
5 |
6 |
6 |
6 |
7 |
7 |
6 |
6 |
6 |
fioritura
|
** |
*** |
** |
Miltoniopsis roezlii (Reichb.f.) Godefroy-Lebeuf
Pianta
epifita originaria della valle del fiume Dagua nella Cordillera
Occidental della Colombia, in foreste calde ed umide, a 400-1000 metri
d’altitudine. Le piante sono alte sino a 30 cm, con foglie verde
chiaro; i nuovi getti producono una o due inflorescenze lunghe sino a
30 cm, portanti 3-5 fiori, larghi da 7 a 10 cm, bianchi, con una bella
macchia porpora alla base dei petali, mentre il labello ha una maschera
gialla alla base del callo. Sono profumati.
La pianta, scoperta da Benedict Roezl nel 1873, fu descritta nello
stesso anno da Reichenbach come Odontoglossum roezlii,
per essere poi trasferita da Nicholson nel genere Miltonia
nel 1886, con il nome di Miltonia roezlii (Rchb.f.)
Nicholson. Questo nome rimase in vigore fino a pochi anni fa, quando
venne resuscitato il nome Miltoniopsis roezlii, ad
essa attribuito nel 1889 da Godefroy-Lebeuf.
Stazione di riferimento: Quibdo, Colombia
Temperature calcolate per 600 metri d’altitudine
gen |
feb |
mar |
apr |
mag |
giu |
lug |
ago |
set |
ott |
nov |
dic |
|
pioggia/mm |
97 |
185 |
173 |
221 |
180 |
196 |
224 |
231 |
330 |
244 |
279 |
206 |
umidità % |
69 |
70 |
72 |
74 |
75 |
73 |
69 |
69 |
73 |
77 |
77 |
72 |
giorni sereni alle 7 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
1 |
1 |
0 |
0 |
0 |
0 |
1 |
giorni sereni alle 14 |
2 |
3 |
0 |
0 |
1 |
1 |
1 |
0 |
1 |
0 |
0 |
1 |
temp. massima |
25 |
25 |
25 |
26 |
26 |
26 |
27 |
27 |
27 |
26 |
25 |
25 |
temp. minima |
20 |
20 |
20 |
20 |
20 |
21 |
20 |
20 |
20 |
19 |
19 |
19 |
escurs. termica |
5 |
5 |
5 |
6 |
6 |
5 |
7 |
7 |
7 |
7 |
6 |
6 |
fioritura |
** |
*** |
** |
Miltoniopsis santanaei Garay & Dunsterville
Originariamente
descritta nel 1976 da Garay e Dunsterville nel libro Venezuelan
Orchids Illustrated è stata trovata, oltre che in Venezuela,
anche in Colombia ed Ecuador. Cresce in foreste molto umide, tra i 600
ed i 1000 metri d’altitudine.
Si tratta di una pianta epifita alta sino a 27 cm, dalle tipiche foglie
verde pallido. L’inflorescenza è lunga sino a 10 cm, e porta alcuni
fiori larghi sino a 5 cm, bianchi o bianco crema, con lieve soffusione
gialla alla base dei sepali e petali; il labello bianco presenta una
macchia reniforme alla sua base, con alcune strie porpora.
Nel passato questa specie era conosciuta come Miltonia roezlii
var. alba.
Stazione di riferimento: Tumeremo, Venezuela
Temperature calcolate per 600 metri d’altitudine
gen |
feb |
mar |
apr |
mag |
giu |
lug |
ago |
set |
ott |
nov |
dic |
|
pioggia/mm |
99 |
76 |
61 |
76 |
155 |
183 |
152 |
124 |
76 |
56 |
64 |
112 |
umidità % |
87 |
85 |
82 |
81 |
84 |
88 |
86 |
84 |
81 |
81 |
84 |
86 |
giorni sereni alle 7 |
2 |
0 |
1 |
1 |
1 |
1 |
1 |
2 |
1 |
1 |
1 |
1 |
giorni sereni alle 14 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
temp. massima |
27 |
28 |
29 |
30 |
29 |
28 |
29 |
30 |
30 |
30 |
30 |
28 |
temp. minima |
17 |
18 |
18 |
18 |
19 |
19 |
18 |
19 |
19 |
19 |
19 |
18 |
escurs. termica |
10 |
10 |
11 |
12 |
10 |
9 |
11 |
11 |
11 |
11 |
11 |
10 |
fioritura |
* |
** |
*** |
** |
* |
* |
Miltoniopsis vexillaria (Reichb. f) Godefroy-Lebeuf
Originariamente
scoperta in Colombia, fu descritta da Reichenbach nel 1867 come Odontoglossum
vexillarium. Fu trasferita nel genere Miltonia
da Nicholson nel 1886, con il nome di Miltonia vexillaria,
nome con cui è spesso ancora coltivata, anche se nel 1889 era stata
correttamente trasferita nel genere Miltoniopsis da
Godefroy-Lebeuf, genere di cui Miltoniopsis vexillaria
rappresenta il tipo. Oltre che in Colombia è stata trovata anche
nell’Ecuador. Cresce epifita ai margini d’umide foreste montane, tra i
1300 ed i 2150 metri d’altitudine.
La pianta è alta sino a 30 cm, con foglie verde pallido;
l’inflorescenza è lunga 30 cm e porta, 4-5 fiori, larghi sino a 10 cm,
di colore rosa, spesso con i margini bianchi, oppure bianchi, talora
soffusi di rosa; il labello presenta un’ampia macchia gialla alla base
ed è decorato da strisce e macchie marroni.
Stazione di riferimento: Medellin, Colombia
Temperature calcolate per 1700 metri d’altitudine
gen |
feb |
mar |
apr |
mag |
giu |
lug |
ago |
set |
ott |
nov |
dic |
|
pioggia/mm |
69 |
89 |
84 |
165 |
196 |
140 |
104 |
117 |
157 |
170 |
132 |
64 |
umidità % |
69 |
70 |
72 |
74 |
75 |
73 |
69 |
69 |
73 |
77 |
77 |
72 |
giorni sereni alle 7 |
0 |
1 |
0 |
0 |
0 |
1 |
1 |
0 |
0 |
0 |
0 |
1 |
giorni sereni alle 14 |
2 |
3 |
0 |
0 |
1 |
1 |
1 |
0 |
1 |
0 |
0 |
1 |
temp. massima |
26 |
26 |
27 |
26 |
26 |
26 |
27 |
26 |
26 |
25 |
26 |
26 |
temp. minima |
14 |
14 |
14 |
14 |
14 |
13 |
14 |
14 |
14 |
14 |
14 |
15 |
escurs. termica |
12 |
12 |
13 |
12 |
12 |
13 |
13 |
12 |
12 |
11 |
12 |
11 |
fioritura |
* |
*** |
*** |
* |
* |
Miltoniopsis warscewiczii (Reichb.f.) Garay & Dunsterville
Questa
specie fu descritta nel 1852 come Odontoglossum warscewiczii
da Reichenbach sulla base di piante raccolte da Warscewicz a Panama.
Nel 1888 Nicholson descrisse col nome di Miltonia endresii la
stessa pianta, raccolta però in Costarica. Nel 1907 Schlechter la
chiamò Miltonia superba. Finalmente nel 1976 Garay
e Dunsterville la trasferirono nel genere Miltoniopsis.
Da notare che lo stesso Reichenbach descrisse anche una Miltonia
warscewiczii che però non ha nulla a che fare con la nostra Miltoniopsis,
in quanto è un Oncidium, noto ora come Oncidium
fuscatum Rchb.f.
Miltoniopsis warscewiczii cresce epifita ad
altitudini comprese tra i 1400 ed i 2000 metri, in Costarica e Panama.
Si tratta di una pianta alta sino 35 cm, dalle foglie verde pallido.
Ogni nuovo getto produce alcune inflorescenze alte 30 cm, portanti 3-5
fiori, larghi 5-8 cm, bianchi con soffusioni di rosso-porpora alla base
dei segmenti floreali. Il labello ha un callo giallo con tre corte
creste. In coltura sembra richiedere un po’ meno luce delle altre
specie
Stazione di riferimento: San José, Costa Rica
Temperature calcolate per 1700 metri d’altitudine
gen |
feb |
mar |
apr |
mag |
giu |
lug |
ago |
set |
ott |
nov |
dic | |
pioggia/mm |
15 |
5 |
20 |
46 |
229 |
241 |
211 |
241 |
305 |
300 |
145 |
41 |
umidità % |
73 |
69 |
68 |
70 |
78 |
83 |
82 |
81 |
84 |
85 |
79 |
76 |
giorni sereni alle 7 |
5 |
8 |
11 |
2 |
1 |
0 |
0 |
0 |
2 |
1 |
2 |
3 |
giorni sereni alle 14 |
5 |
4 |
8 |
3 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
1 |
temp. massima |
19 |
20 |
21 |
21 |
22 |
21 |
20 |
21 |
21 |
20 |
20 |
19 |
temp. minima |
10 |
10 |
10 |
12 |
12 |
12 |
12 |
11 |
11 |
11 |
11 |
10 |
escurs. termica |
9 |
10 |
11 |
9 |
10 |
9 |
8 |
10 |
10 |
9 |
9 |
9 |
fioritura |
* |
** |
*** |
* |
* |
* |
Ed ora vediamo… gli ibridi
Come
detto prima, tantissimi sono stati gli ibridi prodotti in questo
genere. Molto spesso troviamo nel background genetico di questi ibridi
la Miltoniopsis vexillaria e la Miltoniopsis
roezlii. Di recente nell’ibridazione è stata usata la Miltoniopsis
santanei.
Sono stati ottenuti ibridi dai grandi fiori bianchi, rosa, porpora,
violetto, giallo, etc. Nell’ibridazione spesso si cerca di accentuare,
alla base del labello, una vistosa macchia, che ricorda una maschera, e
che può essere gialla, arancio, porpora, addirittura quasi nera; di
solito questa maschera è di un colore che si stacca nettamente da
quello del labello, in modo da attirare immediatamente l’occhio
dell’osservatore. Esempi ne sono Miltonia Saint
Hellier a maschera quasi nera, Miltonia Jersey a
maschera gialla, Miltonia Jukes Hyede de Crome a
maschera scura, Miltonia Jean Carlson dal fiore
porpora o rosa e dalla maschera arancione, etc.
Altrettanto interessante è l’effetto "water falls" (cascate d'acqua) sul labello, effetto ereditato da Miltonia phalaenopsis. Esempi di questo effetto sono Miltonia Millbrook, Miltonia Mem Ida Siegel, Miltonia Everst Lyoth a fiore giallo e maschera rossa, Miltonia Maufant a fiori rosa e maschera rosso scuro, Miltonia Beall’s Red Falls rosso con effetto cascata bianco, etc.
E’indubbiamente impossibile elencare qui tutti gli ibridi prodotti. Di certo ce n’è per tutti i gusti.
Coltivazione
Le esigenze colturali sono abbastanza critiche per le specie, in quanto si devono rispettare le condizioni peculiari dell’habitat d’origine, in particolare per quel che riguarda la temperatura e l’umidità. Ad esempio Miltoniopsis roezlii e Miltoniopsis vexillaria necessitano di temperature minime elevate, simili a quelle richieste dalle Phalaenopsis; la temperatura minima invernale quindi non dovrebbe andare sotto i 16°. Tutte le sei specie hanno fiori molto belli, ma sono piante di difficile reperimento, in quanto raramente offerte in vendita. Sono consigliabili solo a coltivatori abbastanza esperti.
Molto più facili da coltivare sono invece i moderni ibridi, che derivano per lo più da ripetuti incroci tra Miltoniopsis roezlii, che cresce in ambienti umidi e caldi (temperature minime sui 20°), Miltoniopsis vexillaria, che cresce in foreste temperate-fresche (temperature minime intorno a 14°) e Miltoniopsis phalaenopsis, in foreste con temperature intermedie (temperature minime sui 17°). Questi ripetuti incroci hanno attenuato le peculiari richieste delle piante madri ed hanno reso molto più semplice la loro coltivazione. Ricordo che più è presente Miltoniopsis vexillaria meno gli ibridi tollerano le temperature calde, fino a diventare incoltivabili nei climi troppo caldi, a meno di non ricorrere al cooling. Segno indubbio della presenza di Miltoniopsis vexillaria nel background genetico dell’ibrido è il tipico disegno a cascata sul labello (il cosiddetto "waterfalls").
L’ambiente di coltivazione deve essere costantemente umido, almeno sul 70% d’umidità relativa, elemento caratteristico anche nell’habitat d’origine. Questo è un fattore molto importante, da non sottovalutare in particolare quando si tengono le Miltoniopsis in casa. La mancanza d’umidità relativa ambientale è la causa principale della dipartita di queste piante, quando vengono acquistate come piante d’appartamento….
Il
substrato deve trattenere l’umidità e nel frattempo drenare molto bene,
per evitare il marciume delle fini radichette. Sono stati proposti
svariati tipi di substrati ed anch'io ne ho provati diversi, ma la
scelta è legata alle personali abitudini d’ogni coltivatore. Quello che
può andar bene per me non è detto vada bene per un altro coltivatore,
che ha abitudini culturali e condizioni ambientali diverse. Solo
l’esperienza personale può suggerire il substrato migliore per le
proprie condizioni di coltura.
Quando prepariamo il substrato, al fine di scegliere i costituenti
migliori, dobbiamo ricordare le seguenti caratteristiche delle Miltoniopsis:
1. le radici sono molto fini, per cui occorre una pezzatura piuttosto piccola;
2. gli pseudobulbi a maturità devono risultare turgidi e gonfi, per cui occorre un substrato che fornisca continuativamente l’acqua necessaria;
3. le foglie devono essere di un bel verde, né troppo chiaro (indice di poca luce) né troppo sul rossiccio (indice di troppa luce); le foglie inoltre non dovrebbero essere plissettate, segnale di qualche anomalia nella coltivazione.
Con questo in mente, ogni coltivatore può scegliere l’esposizione ed il substrato che gli permette di raggiungere al meglio lo scopo, tenendo conto del proprio ambiente di coltura e del materiale a disposizione.
Questa è una lista di substrati possibili:
70 % bark di pezzatura medio-piccola e 30% perlite; si può aggiungere un pò di carbonella fine o polistirolo
70 % bark di pezzatura medio-piccola, 20 % polistirolo e 10% gommapiuma (o sfagno)
60% bark di pezzatura medio-piccola, 30% carbonella e 10% perlite
70%
lana di roccia e 30 % perlite
In questo caso è opportuno cercare una
lana di roccia per floricoltura, tipo la Grodan. La si "sgrana" in un
contenitore a cui si aggiunge la perlite (molto meno costosa) nella
percentuale ritenuta idonea (più perlite aggiungiamo più aumentiamo
l’aerazione e la ritenzione d’acqua); si bagna con acqua per evitare il
formarsi della fastidiosa polverina tipica della perlite e della lana
di roccia e li si mescola. I rapporti di solito variano da 2-3 parti di
lana di roccia a 1 parte di perlite.
Esiste in commercio un substrato di lana di roccia-perlite già
premiscelato, prodotto dalla Grodan, chiamato Green mix, che a Marco
Riccaboni e a me ha fornito ottimi risultati; è difficile da trovare in
commercio in Italia.
perlite
pura
In questo caso bisogna ricordarsi che la
perlite si asciuga molto facilmente, per cui se non si innaffia
frequentemente il substrato tende ad asciugarsi pericolosamente. Se
usiamo la sola perlite sono utili o contenitori a riserva d’acqua o
vasi a cui siano stati chiusi i fori di drenaggio sul fondo e praticati
in loro vece alcuni fori sui fianchi a circa 1 cm dalla base, in modo
da simulare un vaso a riserva d’acqua
sfagno puro, preferibilmente vivo
70% sfagno tagliuzzato e 30% polistirolo in frammenti
torba di sfagno e perlite, con una piccola aggiunta di bark (questo è il composto usato alla Eric Young Foundation)
55% torba fibrosa di sfagno, 15% bark medio-piccolo, 15% perlite e 15% gommapiuma
Nella coltivazione bisogna evitare che il substrato marcisca, in particolare se si usa il bark; in questo caso è indispensabile rinvasare ogni anno. Consiglio di usare vasi molto piccoli: i vasi cioè devono contenere a mala pena il pane radicale; ciò evita pericolosi ristagni d’acqua, permettendo altresì frequenti innaffiature. Lo pseudobulbo a maturità deve essere turgido, contenendo oltre il 90% di acqua, per cui la pianta necessita di molta acqua durante lo sviluppo vegetativo.
Talora le foglie dello pseudobulbo in via di formazione si presentano plissettate, piegate a fisarmonica, e rimangono tali per tutta la loro vita. Sui libri si legge che questo deriva da mancanza d’acqua alle radici o da scarsa umidità ambientale. Ho qualche dubbio che questa sia la sola causa di questo inconveniente, poiché questo fatto mi è successo con alcuni seedling tolti dalla beuta e poi tenuti in substrato sempre umido con elevata umidità ambientale; io penso piuttosto che sia un problema genetico, scatenato da qualche ignoto fattore ambientale.
Fertilizzazioni
Queste
piante non vanno mai in riposo completo, e beneficiano da un costante
apporto di fertilizzante. Usare dosi maggiori nei periodi di sviluppo
vegetativo e dosi minori durante l’inverno. Se ben coltivate e
fertilizzate, dopo la tipica fioritura primaverile-estiva, possono
ripresentare un’altra fioritura in autunno.
Consiglio di usare un fertilizzante d’alta qualità, a scarso o nullo
contenuto d’urea. Ricordo che le formulazioni commerciali spesso sono
ingannevoli, in quanto non esprimono la reale percentuale dei singoli
macroelementi N.P.K. (azoto, fosforo e potassio). Infatti il P è
espresso come P2O5 e il K come K2O. Ciò vuol dire che se usiamo un buon
fertilizzante N.P.K. 14.10.27 questo indica che il fertilizzante ha il
14% di N, il 10% come P2O5 e il 27% come K2O. Quindi in realtà questo
fertilizzante dà il 14% di N ma solo il 4.3% di P e il 22.4% di K.
E se il fertilizzante contiene urea, l’azoto (N) immediatamente
disponibile è ancora meno!
Innaffiature
Necessitano di una costante fornitura d’acqua ed
umidità, con una lieve diminuzione durante l’inverno, poiché in questo
periodo le temperature più fredde asciugano più lentamente il
substrato. Usare acqua di buona qualità, a bassa conducibilità o
prodotta con osmosi inversa.
L’umidità ambientale dovrebbe essere mantenuta costantemente tra 70-80%.
Temperatura
Devono
essere coltivate a temperatura abbastanza costante tutto l’anno, un po’
come i Paphiopedilum a foglie verdi. La
temperatura minima invernale non dovrebbe mai scendere sotto i 14°.
Meglio ancora se rimane sopra i 16°.
Durante l’estate bisognerebbe evitare le temperature troppo alte; se
questo non fosse possibile, bisogna aumentare la ventilazione e
l’umidità ambientale.
Luce
Necessitano di una discreta luce, ma non eccessiva, come i Paphiopedilum a foglie verdi. Se le foglie vengono esposte al sole diretto, queste vengono bruciate, con formazione di macchie antiestetiche. Le foglie devono avere tanta luce da crescere erette, e non essere cascanti e flaccide. Durante l’estate le foglie possono avere una lievissima tonalità rosata, segno di una buona esposizione; se le foglie diventano però troppo rossastre, questo denota un’eccessiva esposizione alla luce.
Rinvaso
Come detto prima conviene rinvasare di norma ogni anno, in particolare se si usano substrati a base di bark. Il periodo migliore è alla fine dell’inverno, in modo che la pianta si ristabilisca in tempo, prima di riprendere la forte spinta vegetativa primaverile. Ricordo che da noi la lunghezza delle ore di luce aumenta in modo sensibile con la primavera, mentre nell’habitat naturale questa differenza è molto meno sensibile. Questo porta ad un ritmo di sviluppo vegetativo un po’ diverso che non in natura. E’ in questo forzato periodo di riposo, determinato da temperature basse e da giornate corte, che conviene rinvasare le Miltoniopsis. In quest’occasione dobbiamo anche provvedere a fare un completa opera di pulizia, eliminando tutte le parti vecchie della pianta e le parti eventualmente marcescenti (si riconoscono per il caratteristico aspetto arancio-marrone). Questa pulizia è fondamentale per la salute della nostra Miltoniopsis. Se la pianta è molto ampia, tende a dividersi da sola, per autodivisione del rizoma; conviene quindi rinvasarla in vasi separati.
Ricapitolando: rinvasare appena il substrato inizia a deteriorarsi, usare vasi piccoli e pulire bene la pianta!
Malattie
Le
Miltoniopsis sono colpite dalle solite malattie
fungine; in particolare sono frequenti e pericolosi i marciumi delle
radici e degli pseudobulbi, favoriti da uno scarso drenaggio del
substrato. Se le foglie denotano qualche problema, controllare le
radici: spesso il problema è nel marciume delle radici, e, senza radici
sane, addio pianta!
Rimedi: aumentare i fori di drenaggio, mettere un
po’ di polistirolo sul fondo, usare vasi piccoli.
Anche le foglie sono sensibili a diversi funghi (ruggine, etc), ma
questi sono meno pericolosi dei marciumi. In particolare è sensibile la
parte apicale della foglia, che spesso diventa nera; potrebbe trattarsi
anche di una bruciatura da eccessivo uso di fertilizzanti.
E’ possibile che le Miltoniopsis (come gli Odontoglossum)
possano essere colpite da alcuni virus, anche se questo evento non è
molto frequente.
La prevenzione di tutte queste malattie sta’ nel coltivare le piante in
un ambiente pulito, sano e dotato di una buona ventilazione. Acquistare
sempre piante che abbiano un aspetto sono, senza strane macchie sulle
foglie o sugli pseudobulbi. Ricorrere ai fungicidi solo se strettamente
necessario.
Le Miltoniopsis possono essere attaccate dalla
cocciniglia. In questo caso pulire bene le parti malate e spruzzare poi
la pianta con Dimetato o olio minerale.
Coltivazione in casa
Gli
ibridi commerciali possono essere coltivati agevolmente in casa, avendo
perso con le molteplici ibridazioni le caratteristiche peculiari delle
specie; si sono adattate cioè alle nostre condizioni ambientali.
In casa però, mentre è facile fornire alla pianta una buona
temperatura, è difficile fornirle una corretta umidità. E’ necessario
perciò tenere la pianta in un microclima umido, ad esempio appoggiando
il vaso su di uno strato di argilla espansa o di ghiaino sempre
bagnato; ottimo sarebbe poter tenere la pianta vicino ad una finestra,
stando però attenti che non riceva troppo sole a mezzogiorno, se
esposta a sud, in quanto questo potrebbe bruciare le delicate foglie.
Durante l’estate queste piante possono essere tenute all’aperto in
giardino o su di un balcone, ombreggiandole opportunamente; devono
essere portate all'interno quando inizia l’autunno, per evitare le
gelate.
Gianantonio Torelli, M.D.
gennaio 2000 - revisione 7/2005